Ai confini dell’anima è l’ultima fase dell’espressione della poetica di Mario Bertozzi.
Qui l’artista si concentra sul disegno astratto surrealista, raggiungendo un “un puro automatismo psichico, mediante il quale si cerca di esprimere il reale funzionamento del pensiero in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione,
indipendentemente da qualsiasi preoccupazione estetica o morale”, come afferma Breton nel manifesto del 1924.
La riconsiderazione della componente irrazionale della creatività di Mario e la sua volontà di esprimere, attraverso l’arte, le manifestazioni del subconscio, è caratterizzata
da immagini, percezioni, emozioni che si svolgono in maniera irreale o illogica.
Nel disegno automatico, la mano può muoversi “au hasard”, liberata dal controllo razionale.
Quindi il disegno prodotto può essere attribuito in parte al subconscio e può rivelare qualcosa della psiche, che altrimenti verrebbe soppresso.
L’interpretazione di questi disegni realizzati con pennarelli su stoffa o su carta è necessaria per capire il messaggio che proviene dall’inconscio, in termini di desideri, pulsioni o malesseri e disagi. Il sogno propone soprattutto immagini: si svolge, quindi, secondo un linguaggio basato sull’analogia. E Rodolfo, il primogenito di Mario, ci fornisce gli strumenti interpretativi di queste opere. Scopriamo così che in assenza del controllo esercitato dalla ragione è l’amore della sua vita che prende il sopravvento e in questi scenari indefiniti governati dall’inconscio ricorre la raffigurazione di farfalle che Edda amava. Potremmo spingerci a pensare che Mario mantiene vivo in sé il ricordo dell’amore perso, attraverso la raffigurazione dell’amata che nei suoi disegni diventa farfalla, bella, come lei era e ora libera e leggera in un’altra dimensione, quella governata dalla poetica di Mario.
Gabriella Giansante