Tra gli artisti moderni Mario Bertozzi è di certo uno dei personaggi che, pur manifestando un particolare legame col passato, trova nel presente la sua vera natura.
Non connette due mondi, ma, sulla linea delle poetiche a ridosso degli anni Novanta, rinnova il suo con una ricerca stilistica tipica dei movimenti del tempo.
La sua attrazione oltre all’essere umano è quella verso la specie animale, sia per le forme, sia per la potenza espressiva.
Il toro, nella cui immagine si è costituita buona parte della cultura spagnola, trova in Bertozzi l’artista che spostando in avanti la sua visione, precorre l’innovazione delle correnti che hanno reso il Novecento un coagulo di diatribe sino a cristallizzare le tensioni e le immagini non ancora codificate. Lo fa con la consapevolezza di ripercorrere una strada segnata e quella di aver attraversato e superato un periodo di grande fermento, sia naturale sia spirituale.
Prodromi di tale consapevolezza sono disseminati lungo il cammino che dalla tauromachia porta al fascino della natura nelle sue diverse manifestazioni.
I passaggi, che si manifestano nella scultura, nella pittura e nella grafica - per quanto non immediati - annoverano al loro interno soggetti che includono frammenti di vita smorzati da attimi di riflessione che, col Nero su Bianco, raggiunge il suo apice e nella cui potenzialità espressiva, determinata dai rapporti di luce e ombra, rimuove ogni possibile ostacolo fra tradizione e contemporaneo. All’interno di questo connubio è la natura a dominare come necessità di respiro e rafforzamento percettivo al fine di scandagliare nella coltre delle abitudini il senso che la solitudine occupa nel cuore dell’onnipotenza umana.
Eugenio Giannì